di Elena Viganò, Dipartimento di Economia, Società, Politica - Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”
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Mettiamo che una persona entri in una Bottega del Mondo. Certamente si troverà in un luogo adibito ad esercizio commerciale: quella è la sua più elementare e visibile caratteristica e funzione, vendere prodotti del commercio equo e solidale. Che vuol dire ? Vuol dire, gli diranno, che i prodotti esposti hanno una storia commerciale diversa, che racconta di lavoratori del sud del mondo retribuiti secondo giustizia, non soggetti alle leggi di un mercato che ha come suo fine primario il profitto del più forte, che detta le condizioni del mercato, i salari dei lavoratori e i prezzi dei prodotti. E invece il commercio equo stabilisce in primo luogo una relazione paritaria fra le persone del circuito commerciale, produttori distributori consumatori, riconoscendo per principio la dignità dei lavoratori attraverso una giusta remunerazione. Parole e concetti che sanno di favola, che appartengono al mito della uguaglianza di tutti gli uomini e della loro pari dignità: parole però che hanno il conforto di testimonianze, di storie, di relazioni autentiche fra comunità e persone. Ogni prodotto infatti racconta una storia: una storia vera, trasparente, documentata, di relazioni umane. E quindi di speranza. La speranza è la misura prima di questa relazione, commerciale ed umana, fra chi produce un prodotto e chi lo acquista. La speranza in un mondo migliore, certo. Ma in primo luogo, e concretamente, la speranza di una vita più serena e di un futuro meno incerto per quei produttori del sud del mondo che il mercato considera solo variabili di un processo le cui leggi e i cui meccanismi sono decisi da pochi. Ma una Bottega del Mondo non è solo un esercizio commerciale, per quanto diverso da altri. Per chi, dopo averla scoperta, comincia a frequentarla, diventa un luogo educativo, una proposta tanto discreta quanto insistente di gesti che si moltiplicano all'infinito fino a richiedere una conversione radicale, a cambiare lo stile di vita, a imparare a consumare di meno, mutare la gerarchia dei valori pubblicizzati da ogni mass media. Utopie ? Certo, ma una Bottega non ti porta in un altro mondo, fa semplicemente con te un viaggio verso quel mondo. E infatti, poiché una Bottega è gestita da volontari, prima o poi ti chiederà di metterti dall'altra parte del banco, di tenerla pulita, di proporla agli amici, di andare nelle scuole a parlarne, di “fare un servizio”. O, se vuoi, di andare anche tu a relazionarti con i produttori di quel caffè, di quel the, di quell' oggetto che la prima volta hai acquistato perché faceva tanto “etnico”. Proprio per questa radicalità, che ognuno traduce nella sua vita secondo condizione e possibilità, la Bottega è infine veicolo di proposte che investono tutti i settori dell'economia, e forse della vita: dalla finanza etica al turismo responsabile, dal consumo critico all'ecologia, dalla difesa dell'ambiente alle scelte di pace... Quante cose in una Bottega del Mondo, che solo chi la frequenta può scoprire, condividere, tradurre nella vita di ogni giorno. Forse non vedremo un mondo diverso, ma il viaggio dentro la Bottega ci avrà restituito occhi diversi.
Luigi Panzieri
Volontario Bottega Mondo Solidale Pesaro
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