Dai tempi più antichi la nostra 
					civiltà ha sviluppato tecniche di tintura utilizzando la 
					varietà delle specie erbacee presenti sul territorio. In 
					area europea la reseda, la robbia e il guado erano le piante 
					da cui si estraevano i tre colori principali utilizzati 
					nella tintura fino al XIX secolo: il rosso, il giallo e il 
					blu-indaco. Esisteva tuttavia una moltitudine di altre 
					essenze officinali utilizzate a fini tintori, come ad 
					esempio lo scotano, lo zafferano, la ginestra, il cartamo, 
					l’ortica, ecc. Tra tutte queste piante il guado (Isatis 
					Tintoria) assume una particolare importanza in quanto ha 
					rappresentato per i territori di coltivazione una vera e 
					propria fonte di ricchezza, tanto da essere definito “oro 
					blu”. Era infatti l’unico colorante in grado di donare una 
					tonalità azzurra di elevata qualità non solo in termini 
					cromatici, ma anche in termini di resistenza alla luce e 
					all’usura. Esso venne usato, oltre che per tingere tessuti, 
					anche per miniare i libri, dipingere tele, affreschi, 
					terrecotte, ecc. Il suo procedimento di lavorazione rimase 
					immutato fino all’arrivo dell’indaco dall’Oriente, 
					all’inizio del XVII secolo: la raccolta manuale delle 
					foglie, le tecniche di macinatura e di essiccazione del 
					prodotto attraverso il metodo delle “cuccagne” (palle di 
					guado, da cui il famoso detto comune il “paese della 
					cuccagna”, i paesi della ricchezza, data dalla vendita del 
					prodotto finale che ne derivava dalla lavorazione della 
					pianta) e di fermentazione seguirono nei diversi paesi fasi 
					e tempi simili. Il commercio del guado in Europa era così 
					importante che dalla metà del 1200 in avanti fu quasi 
					ovunque regolamentato in tutta la sua filiera per 
					controllare la qualità della produzione. Nel XVII secolo l' 
					introduzione dell' Indaco (Indigofera Tinctoria) da paesi 
					tropicali, segnò un inesorabile declino dell' industria del 
					guado: il nuovo blù che arrivava da oriente, fu subito 
					utilizzato dai tintori ed in pochissimo tempo il guado perse 
					la sua strategica importanza, furono abbondanate le 
					coltivazioni e tutte le lavorazioni conseguenti. Intorno al 
					1810 per aggirare le difficoltà di approvvigionamento di 
					indaco dovute al blocco continentale inglese ai danni di 
					Napaoleone, la coltura del guado viene di nuovo 
					ripristinata, ma non c'è tempo di ricostruire il ciclo della 
					filiera per la produzione del pigmento (se ne era persa già 
					memoria), che l' indaco ritorna sui “mercati”. I coloranti 
					naturali rimasero gli unici mezzi per colorare fino alla 
					metà del secolo scorso, quando nel 1856, data della scoperta 
					del primo colorante sintetico, iniziò il loro declino. Le 
					piante tintorie furono gradatamente abbandonate dalla grande 
					industria, per far posto al colore sintetico, meno costoso e 
					soprattutto riproducibile; rimasero invece utilizzate, fino 
					a pochi decenni fa, dagli artigiani e soprattutto da parte 
					del mondo agricolo, che da sempre ha prodotto in casa 
					l’abbigliamento, tessendo e tingendo le fibre con le 
					tecniche tradizionali. I paesi europei in cui il guado si 
					diffuse maggiormente oltre all' Italia, furono la Germania e 
					la Francia. 
					 
					 
					 
					 
					
					In Francia, nella regione della 
					Picardie, il guado costituiva una fonte di ricchezza così 
					importante che si deve proprio ai commercianti di blu 
					l’erezione della famosa cattedrale di Amien. Al confine con 
					la Spagna, la città di Tolosa identifica un vasto triangolo 
					di territorio che, proprio per la ricchezza generata dal 
					guado, acquistò e mantenne per secoli la definizione di 
					“Pays de Cocagne” (Paese di cuccagna), e che comprende anche 
					i centri di Albi e Carcassonne. Molte sono in 
					questa nazione le azioni messe in atto per il recupero di 
					questa cultura e tradizione storica e per la promozione 
					delle tinture vegetali: nell’area della Toulouse la 
					Fédération National des Routes Historiques ha ideato un 
					percorso turistico denominato “Route du pastel au pays de la 
					Cocagne”. 
					 
					 
					 
					 
					 
					
					In Germania, la città di 
					Erfurt, posta al centro di due importanti assi viari che 
					collegavano anticamente l’Europa da occidente ad oriente (da 
					Parigi e a Nowgorod) e da nord a sud (dal Baltico e 
					all’Italia), acquisì un notevole potere politico ed 
					economico attraverso il guado, facendo della Turingia 
					una delle più ricche regioni dell’Europa centrale. In quest’area 
					è oggi attivo il Waid-Forschungs-GmbH Neudietendorf (centro 
					di ricerca sul guado) e il Hans-Knöll-Institut für 
					Naturstoff-Forschung Jena (centro di ricerca sulle sostanze 
					naturali). 
					 
					 
					 
					 
					 
					
					In Italia la documentazione 
					storiografica attesta la presenza del guado nelle regioni 
					dell’aretino, dell’alta Valle Tiberina, nel Piemonte, nella 
					Romagna e nell’area di Rieti. 
					 
					 
					 
					 
					 
					
					Nelle Marche, nell’area 
					appenninica del Montefeltro (provincia di 
					Pesaro-Urbino), al confine con la Toscana , il guado dette 
					impulso tra XIV e XVII secolo ad un grande sviluppo 
					economico e sociale. Quest’area ha costruito storicamente la 
					sua economia attorno all’estrazione del guado realizzando 
					una vera e propria filiera: dalla coltivazione della pianta, 
					all’estrazione del pigmento, alle tinture delle fibre 
					tessili sino alla cardatura, alla filatura e alla stampa a 
					mano su stoffa. Il Montefeltro si costituiva come un vero e 
					proprio centro di mercatura del guado, rinomato in molte 
					aree d’Europa. Restano a testimonianza di questa antica 
					economia e tradizione le circa sessanta macine da guado 
					in pietra (unico ritrovamento al mondo così consistente), 
					veri e propri reperti di archeologia industriale recuperati 
					nell’area montana della provincia di Pesaro Urbino, e 
					preziosi documenti d’archivio che raccontano di tecniche di 
					coltivazione, di mescole, di unità di misura e di precise 
					regole per la conduzione dei maceri. Sempre nell’area del 
					Montefeltro, a testimonianza degli ambienti in cui si 
					praticava l’arte tintoria sono i sotterranei del Palazzo 
					Ducale di Urbino, con alcuni locali utilizzati per 
					tingere i tessuti e i filati utilizzati alla corte dei Duchi 
					di Montefeltro. Naturale è infine il colore dei tanti 
					capolavori d’arte urbinate: blu è la base di tanti dipinti 
					di Piero della Francesca, insigne artista del 
					Rinascimento italiano nel cui stemma di famiglia era 
					rappresentato proprio un fascio di guado. 
					 
					 
					 
					 
					 
					
					A partire dal recupero di questi 
					reperti e documenti Massimo Baldini ha fondato nel 1998 il 
					Museo dei Colori Naturali a Lamoli di Borgo Pace (PU) per 
					rilanciare il patrimonio storico-culturale intorno a questi 
					saperi; poi nel 2008 nasce Oasicolori Società Cooperativa 
					per lo sviluppo produttivo dei pigmenti vegetali. 
					
					
					 
					 
					
					 
					 
					 
					 
					 
					 
					 
					 
					 
					 
					 
					 
					 
					 
					 
					 
					 
					
					Breve relazione sull'attività
					 
					 
					 
					 
					 
					 
					
					
					Premessa
					
					
					Oasicolori è una 
					società cooperativa costituitasi a scopo del progetto di 
					ricerca industriale "introduzione dei coloranti naturali 
					nel settore tessile/abbigliamento marchigiano" (2009/2011), 
					in rete con tre aziende del settore quali la tintoria Le 
					Group, Arcadia del marchio commerciale Dondup ed il 
					lanificio Cariaggi. 
					
					
					I soci della 
					cooperativa hanno 15 anni di esperienza sui coloranti di 
					origine naturale ed in particolare sulle piante tintorie; la 
					società è attiva oggi con una produzione su vasta scala di 
					coloranti vegetali tra cui il più noto è l' antico blu di 
					Guado.
					
					
					I colori vegetali 
					sono particolarmente adatti ed hanno il loro impiego 
					commerciale nei seguenti settori di riferimento:
					
					
					 
					
						- 
						
						
						 colori 
						per il tessile/abbigliamento/arredamento;
 
						- 
						
						
						colori per il 
						cuoio e la pelletteria;
 
						- 
						
						
						colori per il 
						legno/arredamento;
 
						- 
						
						
						colori per la 
						decorazione (pitture e vernici murali);  
 
						- 
						
						
						colori per il 
						settore didattico ed artistico;
 
						- 
						
						
						colori per la 
						cosmetica
 
					
					
					
					Le caratteristiche 
					tecniche principali dei colori vegetali:
					
					
					 
					
						- 
						
						
						 riflessione 
						della luce - contribuiscono ad aumentare la luce negli 
						ambienti poco luminosi quali i locali nei centri 
						storici...;
 
						- 
						
						
						bellezza 
						estetica - la trasparenza del film nobilita ed esalta il 
						materiale del supporto;
 
						- 
						
						
						unicità ed 
						esclusività - ogni colore ha un suo certificato di 
						origine legato al luogo con la quantità dell' annata di 
						produzione.
 
					
					
					
					Produzione ed 
					attività
					
					
					
					  
					
					
					1. Produzione della 
					materia prima (coloranti - agricoltura)
					
					
					A - 
					Approvvigionamento della materia prima colorante con 
					coltivazione di Guado, Reseda e Robbia e raccolta 
					spontanea di altre specie importanti nel contesto 
					marchigiano, quali Scotano, Mallo di Noce, Edera ed Olivo.
					
					
					B - Produzione di 
					pigmenti e coloranti con qualità artigianale e riproducile 
					su una scala quantitativa di tipo industriale: Guado, 
					Robbia, Reseda, Scotano, Mallo di Noce.... in forma di 
					pigmento e/o di colorante impiegabili e commercializzati in
					polvere, liquidi o in pasta per l' utilizzo nei 
					settore merceologici di riferimento
					
					
					2. 
					Commercializzazione
					
					
					Il nostro impegno è 
					oggi legato alla costruzione della filiera produttiva che 
					attraverso il marchio Tinctoria promuove lo sviluppo 
					del prodotto colorante fino al prodotto finito.
					
					
					Cariaggi
					lanificio di Cagli (PU) è sul mercato con una linea 
					di filato cashmere di altissima qualità tinto con il guado 
					ed altri colori naturali che noi produciamo. Oltre al 
					tessile c'è un' interesse importante dal mercato delle 
					pitture e vernici naturali. L' azienda marchigiana Spring 
					Color di Castelfidardo (AN) sta già utilizzando il guado 
					ed altri colori vegetali per una linea di decorazione d' 
					interni e di arredamento di alto pregio; in fase di 
					sperimentazione c'è un' altra azienda marchigiana per il 
					settore pelle/calzature.